Nicola Micieli 
estratto dalla monografia
"Giampiero Poggiali Berlinghieri- Installazioni & Ambiente - Opere scelte 1968 12003"
 

 

Per un avvio al viaggio nella pittura e nella pittoscultura di Giampiero

Ho avuto la ventura, e il privilegio, di scrivere a lungo e ripetutamente di Giampiero Poggiali, nei venti anni, e più, dacché lo conosco e ho potuto seguire passo dopo passo il suo lavoro. Rileggendo quegli interventi nel contesto della ricca letteratura critica che lo riguarda, per introdurre le stazioni di questo libro che è, in sintesi, un viaggio iconografico lungo l'intero suo arco creativo, ho pensato di attraversare da viaggiatore anche quei miei scritti; e, debitamente interpolati con opportuni tagli integrazioni, suture, specificazioni, farne una rivisitazione a collage, cui m'è parso utile intercalare,
a modo di pertinenti citazioni, brani di alcuni tra gli eminenti autori che si sono interessati dell'artista fiorentino.
Poggiali è stato ed è una personalità creativa multiforme che opera nell'area di confine, mobile come le dune del deserto, tra la pittura e la scultura; e con una concezione del linguaggio visivo, dei materiali e dei mezzi tecnici così aperta ai contatti, agli scambi e alle ibridazioni, da vanificare ogni tentativo di ricondurre gli esiti entro i recinti dei cosiddetti "specifici", di tecnica genere e tendenza,
tanto cari, perché confortevoli e rassicuranti, a noi critici d'arte. Nel lasso temporale della nostra assidua e grata frequentazione, ho visto enuclearsi, definirsi e svolgersi, per grado a grado mutar d'assetto e generare nuove conformazioni, ogni fase delle numerose in cui si è sviluppata la ricerca dell'artista, scandita per cicli a cadenza per lo più biennale. Si tratta di cicli interrelati con una tale organicità, sul piano formale, e così conseguenti su quello stilistico, da indurmi a considerarli un solo periodo, snodi d'un variegato percorso che s'avvia ormai a consumare il quarto decennio di ininterrotto esercizio.
Un lungo modulato periodo, polivalente in quanto evolutivo, ogni volta rilanciato in virtù della diversa qualificazione e della diversa combinazione con cui risultano giocati, nel tempo, gli elementi costitutivi d'una sintassi figurativa rimasta, nella sostanza, la medesima. Salvo l'innesto, a ogni nuova versione, d'un motivo inedito relativo vuoi alla morfologia e alla struttura, vuoi all'iconografia e alla sfera concettuale, sufficiente a imprimere una misurata accelerazione al mondo di visione di Poggiali. Tre opere eseguite, poniamo, a un quindicennio di distanza l'una dall'altra, le riconosci senza incertezza alcuna come della stessa mano, la sua; e certo non in ragione d'una superficiale corrispondenza di cifra stilistica. Analoghi sono, pur con sottili variazioni di registro, la conduzione tecnica della partitura, il clima espressivo, l'intenzione del racconto, latente anche laddove più avanzato è il processo di astrazione formale. Allo stesso tempo, ti avvedi dei cambiamenti intervenuti quanto ai referenti culturali, agli orizzonti (parola, questa, molto cara
all'artista) ideali, alle problematiche d'ordine generale sottese al limpido manifestarsi della pittura.
Sono rimandi, prefigurazioni, implicazioni che traspaiono, allusi o discretamente enunciati, già dai titoli dall'artista abitualmente apposti, anche a posteriori, ai cicli (Adesivi 1972-75, Nuovi racconti 1976-77, The new space 1978-80, Strutturai dream 1981-82, Germogli & G.E.R.M.O.G.L.I. 1983-85, Phýsis 1985-86, Impronte di memoria 1987-88, Eclissi 1988, Orizzonte degli eventi 1989, Translations 1990-91, Virtuale 1992-93, Complexity 1993, Bona Dea 1994, Simposio 1995, Montagne 1998, Crop circles 2000-01, Uccelli farfalle e piccoli habitat 2002-03}; dei quali dilatano, talora
per connessioni puramente analogiche, la sfera semantica ed evocativa, più che riepilogarne i contenuti testuali, o assunti tematici che dir si voglia. Contenuti ovvero occasioni e input attinti in eguale misura, o meglio con immutato grado di curiosità e di interesse cognitivo, al laboratorio a ciclo aperto (e mai cielo figurato fu più aperto e sconfinante di quelli dipinti da Poggiali) della natura naturans, e dello spazio cosmico nel quale si inscrive il divenire fenomenico della biosfera, e al laboratorio per così dire coperto e antropico della natura naturata, ossia variamente governata e orientata (scatterà, forse, l'allarme in molti lettori... ) dalla scienza, e annesse sue appendici o protesi o derivazioni tecnologiche. La scansione per cicli, insomma, non comporta l'idea dei compartimenti separati. Del resto, la continuità di questa ricerca è facilmente rilevabile nelle sequenze delle immagini qui pubblicate, al cui interno si possono isolare ricorrenze e variazioni di stilemi e temi significativi, in ordine alla forma quanto ai contenuti. Per una proficua lettura suggerirei di seguire: l'evoluzione dell'immagine sotto il profilo della struttura spaziale, delle sintesi planimetriche, del colore; l'incidenza iconografica degli oggetti reinventati, dalla loro base referenziale, e destinati a una funzione ora segnaletica ora simbolica; l'ambiguità del dettato figurale che sta tra la suggestione del racconto ironico e ammiccante, a suo modo favolistico specie nell'allusiva prefigurazione d'un mondo futuribile che appare stranamente vissuto, quasi da archeologia visionaria, e la pura manifestazione di linee, colori, impianti che paiono vivere solo della loro sostanza formale.

 

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